LA STORIA DI TIM

RECENSIONE A CURA DI ROSA ELENIA STRAVATO

Spettri, cigolii, castelli pieni di dicerie, loculi e lucine.

Una favola dal sapore gotico che tipo di racconto è?

Un insieme incatenato di “accidenti” che fanno piombare un piccolo ragazzetto in mille peripezie dal sapore stridulo delle mancanze, dei tranelli, dei sospiri nelle notti silenziose. Un racconto che si compiace dei sentieri sconnessi, dei meandri spettrali, castelli e colline agghiaccianti.

Tim non è un ragazzino come tutti gli altri: non va a scuola, non è bello, non ha amici ma ha un’arma potentissima: il coraggio. Il coraggio di scappare, di osare, di fare domande e di sfoderare ampiamente la sua fantasia.

Tra addii al sapore di lacrime, singhiozzi chiusi in soffitta; Tim viaggia verso mete ai confini della razionalità e impara ad essere adulto restando sporco di genuinità. Proprio questa sua stupefacente dote, risuonerà come condanna e lo porteranno a vivere di incontri e scontri che lo vedranno protagonista indiscusso di un mondo nero e aguzzo.

Francesco Orsini ha scritto un racconto particolare che risente della devota fascinazione verso il regista Tim Burton al quale rende un omaggio sentito e accorato. Tim, infatti, porta il nome del grande cineasta. Un racconto pieno di umanità che lascia spazio alla voglia di andare fuori dagli schemi e spingere sulla levetta della fantasia. Una penna forbita e incalzante che fa del particolare gotico, la sua cifra stilistica.

L’autore ci consegna un attimo di spensierata ricercatezza che spinge a porsi in direzione di una maggiore consapevolezza del proprio essere, che ci ricorda di avere cura dei rapporti umani e di non aver paura della diversità.

Un racconto educativo, sebbene vi siano particolari macabri. Ma credetemi: è un testo che si legge con estrema facilità, che scorre piacevolmente ma resta oltre la pagina e raggiunge quei fili del cuore che spesso restano incatenati alle circostanze della vita.

Unknown

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